la Sacra Bibbia in latino di San Girolamo

Bibbia in Latino Di S. Girolamo - Rev. Clementina 1592 by scaricascarica

la Sacra Bibbia tradotta dal latino di Antonio Martini

Studiò nel Collegio Cicognini di Prato e poi all'Università di Pisa dove si laureò nel 1748. Fin da ragazzo manifestò vocazione ecclesiastica. In più apprese con facilità le lingue, la letteratura e la matematica, e aiutò il matematico Bettazzi nella riforma del calendario.

Su interessamento dell'abate Antonio Niccolini gli fu proposta la cattedra di diritto canonico nell'Università di Torino ma, sfumata l'occasione, trovandosi accolto bene, fu promosso direttore del Collegio di Superga.

Il cardinale Carlo Vittorio Amedeo Delle Lanze, sapendo che Benedetto XIV, desiderava una buona versione della Bibbia in toscano contemporaneo, spinse il Martini a intraprendere il lavoro.

Frontespizio di un'edizione della Bibbia di Antonio Martini (1836)

 

Questi iniziò una nuova traduzione del Nuovo Testamento secondo la Vulgata sisto-clementina, ma presto si rese conto che questo lavoro non gli era possibile mentre rimanesse direttore del collegio. Rassegnò quindi le dimissioni dalla direzione di quest'ultimo e accettò dal re Carlo Emanuele IV di Savoia una nomina a consigliere di Stato insieme alla commenda dell'abbazia di San Giacomo della Bessa che ricevette il 4 luglio 1765[1].

Nonostante un certo scoraggiamento dovuto alla morte di Benedetto XIV, Martini continuò l'opera di traduzione, e completò la pubblicazione del Nuovo Testamento nel 1771.

Nel suo lavoro sul testo ebraico dell'Antico Testamento, la cui traduzione intraprese dopo quella del Nuovo, fu assistito dal rabbino Terni, uno studioso ebreo. Segnalò in Appendice e nelle Note le varianti del testo greco dei Settanta e di altre venerabili traduzioni e del testo ebraico. Si trattò della prima traduzione in italiano dai tempi del monaco Nicolò Malermi (1471). L'opera fu approvata nella sua interezza, da Pio VI e rimase la traduzione in italiano più diffusa nella Chiesa cattolica italiana fino al XX secolo.

Il papa lo volle premiare nominandolo vescovo di Bobbio. Mentre si recava a Roma per l'investitura, il Martini si fermò a Firenze e il granduca Pietro Leopoldo rimase colpito dalla cultura di questo uomo di chiesa toscano e gli propose di venire nominato arcivescovo di Firenze, essendo da poco spirato il precedente arcivescovo Francesco Gaetano Incontri. Il Martini chiese prima il beneplacito del pontefice e del Re di Sardegna, e una volta ottenuti accettò l'incarico. Venne consacrato a Roma il 2 luglio 1781.

Pietro Leopoldo in realtà si trovò poi a scontrarsi con l'arcivescovo, che con fierezza tenne fronte alla sua politica ecclesiastica di stampo giansenistico, opponendosi duramente alle riforme che secolarizzavano gli istituti religiosi, ridimensionavano il potere del clero, eccetera. Nell'aprile del 1787 il Granduca chiamò un'assemblea dei vescovi del Granducato in Palazzo Pitti, e il Martini seppe far valere le proprie posizioni a fronte dei soprusi del Granduca: Pietro Leopoldo avrebbe voluto infatti una rottura con Roma nell'ottica di una maggiore indipendenza delle sue decisioni in materia di clero.

Sostenne il Seminario Maggiore Arcivescovile di Firenze e fondò il seminario di Firenzuola, nell'ottica di un'attenzione particolare verso le zone montane, e compì una minuziosa visita pastorale nelle parrocchie della diocesi.

Durante il suo arcivescovato ebbe luogo l'occupazione francese della Toscana, ed egli, grazie alla sua forza ed alla sua condotta di lineare moralità, seppe intraprendere delle tutto sommato buone relazioni con gli occupanti che lo trattarono con stima.

La sua grande generosità nella carità lo portò alla povertà: a fronte delle nuove tasse imposte dai francesi, egli arrivò ad offrire agli stranieri la croce pettorale e l'anello vescovile, non avendo ormai più denari per pagare.

Morì il 31 dicembre 1809.

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